Le obbligazioni societarie (corporate bond) sono titoli di credito di massa emessi dalle imprese non finanziarie, dagli enti pubblici, dalle banche e dagli organismi internazionali al fine di finanziarsi e ottenere liquidità. La raccolta di fondi realizzata via emissione di prestiti obbligazionari era ed è tuttora consentita dalle norme del nostro ordinamento a una pluralità di soggetti nel rispetto di limiti di volta in volta dettati in relazione alla natura del debitore e al fine di garantire adeguata tutela all’investitore. Dal punto di vista delle disposizioni legislative, in linea generale in Italia per emettere un prestito obbligazionario le imprese devono essere costituite nella forma di società per azioni, in accomandita per azioni, di società cooperative e, a particolari condizioni, di società a responsabilità limitata.
Nelle società per azioni, l’emissione di obbligazioni ordinarie viene decisa dal Consiglio di amministrazione, salvo che la legge o lo statuto non prevedano diversamente (art. 2410, comma 1, c.c.). Come anticipato, il nostro ordinamento dispone che, in caso di specifica previsione dell’atto costitutivo, anche le società a responsabilità limitata possano emettere titoli di debito; in tal caso l’atto costitutivo medesimo attribuisce la relativa competenza ai soci o agli amministratori determinando gli eventuali limiti, le modalità e le maggioranze necessarie per la decisione (art. 2483, comma 1, c.c.). Gli unici soggetti legittimati alla sottoscrizione di tali titoli di debito sono gli investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale. In caso di successiva circolazione dei titoli di debito, chi li trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali ovvero soci della società medesima (art. 2483, comma 2, c.c.). Ulteriori differenze in capo alle obbligazioni sono quelle relative al grado di subordinazione dei diritti del titolare dell’obbligazione).
Grado di subordinazione delle obbligazioni Una componente di rischio dell’obbligazione, quindi una variabile determinante del costo della raccolta, è fra le altre, rappresentata dal grado di subordinazione (o postergazione) dei diritti del titolare dell’obbligazione rispetto agli altri creditori della società in caso di fallimento o di altre procedure concorsuali. I senior bond sono quei titoli per i quali il regolamento dell’emissione prevede che, in caso di insolvenza, i diritti patrimoniali dell’obbligazionista siano subordinati al soddisfacimento preventivo dei soli creditori privilegiati. Gli junior bond (o subordinated) sono quei titoli per i quali il regolamento dell’emissione prevede che, in caso di insolvenza, i diritti patrimoniali dell’obbligazionista siano subordinati al soddisfacimento preventivo di altri creditori sociali. Dal punto di vista del sottoscrittore i titoli subordinati sono dunque più rischiosi delle altre obbligazioni, ponendosi nella gerarchia dei diritti sui beni aziendali solo prima degli azionisti: il maggior rischio trova compensazione nell’offerta di rendimenti superiori a quelli del debito ordinario. Le obbligazioni subordinate sono divenute improvvisamente note al grande pubblico alla fine del 2015 nell’ambito del piano di risoluzione attuato dal Governo per quattro banche nazionali. Un’altra particolare tipologia che è doveroso ricordare e che comunque è meno frequente come strumento di investimento per il pubblico retail, è invece quella relativa alle obbligazioni bancarie garantite: si tratta di obbligazioni i cui flussi di pagamento (interessi e capitale) sono coperti da una parte dell’attivo della banca, che viene utilizzato come garanzia attraverso la costituzione di un patrimonio separato o, comunque, di un patrimonio specificamente destinato al soddisfacimento delle obbligazioni medesime. Titoli di credito di massa – Secondo una diffusa accezione i titoli di massa sono quei titoli emessi a fronte di un’unica operazione collettiva di investimento che presentano caratteristiche omogenee per ciascuna serie, divenendo quindi fungibili. Fa eccezione a questa fungibilità il momento del rimborso, qualora esso venga realizzato mediante estrazione a sorte. Essi si contrappongono a quelli individuali che regolano operazioni finanziarie tra due controparti.
In termini di caratteristiche tecnico-economiche, e certamente in prima approssimazione, le obbligazioni societarie si possono distinguere in due gruppi:
obbligazioni semplici (definite talvolta in gergo anglosassone anche obbligazioni plain vanilla);
obbligazioni strutturate.
Le prime sono costituite da un unico strumento finanziario. Le seconde sono costituite dalla somma di più strumenti finanziari incorporati fra loro. Il profilo finanziario delle obbligazioni semplici, a tasso fisso o variabile, non si discosta considerevolmente da quello dei titoli di Stato. Un’obbligazione societaria a tasso fisso/tasso variabile di fatto "assomiglia" molto a un BTp/CcT eu con alcune differenze in termini di maggiore varietà relativamente alla periodicità dei flussi di cassa che possono essere trimestrali, semestrali o annuali, alla durata contrattuale e alle modalità di rimborso del capitale e, per quelle a tasso variabile, alle tipologie e modalità di indicizzazione la cui ampia casistica è già stata analizzata nel box 1. Sebbene in misura quantitativa, come volume in emissione, decisamente più circoscritta rispetto ad altri mercati esteri, nel nostro Paese sono inoltre emesse obbligazioni societarie del tipo zero coupon a medio e a lungo termine. Un’ulteriore differenza tra obbligazioni governative e obbligazioni societarie si profila con riferimento al trattamento fiscale, che sarà affrontato successivamente. Un altro aspetto importante da tenere presente, già anticipato nella parte relativa ai profili di classificazione, riguarda la valuta di denominazione dello strumento. Il tema non è stato trattato in dettaglio nell’ambito dei titoli di Stato italiani in quanto tutti emessi in euro. Sempre più numerose sono le emissioni obbligazionarie dove la denominazione in valuta estera del contratto e dei proventi attesi espone l’investitore all’andamento del prezzo della moneta nazionale rispetto alla valuta estera.
Obbligazioni plain vanilla – Titolo obbligazionario con struttura facilmente comprensibile senza barriere o limitazioni. Il termine ha metaforicamente a che fare con i gelati: "solamente vaniglia", come dire "niente di più semplice".
Il rating dei titoli obbligazionari
Le obbligazioni, in quanto rapporti di credito nei quali un'emittente-debitore raccoglie capitale da un investitore - creditore, espongono l'investitore stesso al rischio di credito, consistente nel rischio di non vedersi restituito il capitale e/o gli interessi come previsto dal contratto. Le motivazioni che possono portare un emittente all'incapacità di adempiere ai propri obblighi (default) possono essere diverse e riconducibili, ad esempio, a questioni relative agli equilibri economici, patrimoniali e finanziari dell'emittente stesso.
Il rating è una misura sintetica, articolata su una scala di valori espressi su base alfa-numerica, volta a misurare il rischio di credito dell'emittente o il rischio di credito di una specifica emissione obbligazionaria. È rilasciato da una società specializzata - agenzia di rating – che, in base a un processo di valutazione che tiene conto di una serie di parametri ritenuti rilevanti, stima la probabilità di default dell'emittente su un determinato arco temporale, ed esprime un giudizio sintetico, rappresentato appunto dal rating. Le principali agenzie di rating a livello mondiale sono Standard & Poor's, Fitch, e Moody's. Si riporta di seguito la scala di rating utilizzata da Standard & Poor's.
I titoli migliori dal punto di vista del rischio di credito sono quelli AAA (cosiddetti "tripla A"), per i quali la probabilità di default stimata con un orizzonte temporale di 12 mesi è inferiore allo 0,01%. Passando a rating inferiori alla tripla A le probabilità di default aumentano, anche se l'incremento di rischio non è sempre il medesimo tra un livello di rating ed il successivo.
Ad esempio, ad un "declassamento" da AAA a AA+ corrisponde un incremento della probabilità di default, ma questo è tale da non essere percepito con un arrotondamento alla seconda cifra decimale, che rimane quindi sempre inferiore a 0,01%. Se invece si confronta la probabilità di default di un titolo BBB (0,21%) con uno BBB- (0,25%) si può notare come vi sia un incremento di rischio, seppur pari ad uno 0,04%.
Se per i titoli con rating più elevato (cosiddetti "investment grade bond”, ossia con giudizio superiore a “BBB-”) le probabilità di default entro 12 mesi sono significativamente inferiori all'1%, i titoli con rating pari o inferiore a “BBB-”, cosiddetti "speculative grade bond" o anche "junk bond" (cioè titoli spazzatura), mostrano probabilità di default via via crescenti al deteriorarsi del rating. Per i titoli nelle fasce di rating peggiori (CCC, CC-, ecc..) la probabilità di default media stimata da S&Ps è di poco inferiore al 25% (24,34%), che corrisponde a un rischio di default prossimo a 1 caso su 4.
Data la relazione diretta tra rischio percepito e rendimento richiesto dagli investitori in titoli obbligazionari, un investitore è disposto a investire il proprio capitale in titoli con rating inferiore (quindi più rischiosi) solo a fronte di un rendimento atteso superiore. Ne segue che il confronto tra due titoli obbligazionari basato sul rendimento potrà avvenire solo considerando titoli appartenenti alla medesima classe di rating. Ogni altro confronto dovrà tener conto della differenza di rischio relativa all'appartenenza a classi di rating differenti. Il rating non è rilevante solo in fase di selezione degli investimenti (cioè quando un investitore sta valutando quale titolo acquistare) ma è cruciale anche in fase di gestione dell'investimento stesso. Infatti un investitore che abbia acquistato un titolo obbligazionario con un determinato rating dovrebbe essere consapevole che qualora un'agenzia di rating declassasse il rating (cioè rivedesse la classe di rating attribuita assegnandone una inferiore) il maggior rischio relativo al peggioramento del rating vedrebbe il prezzo del titolo stesso diminuire per bilanciare l'incremento di rischio riconosciuto dal "downgrade" con l'incremento di rendimento conseguente ad un prezzo di acquisto più conveniente. Simmetricamente, qualora una società di rating rivedesse la sua valutazione circa il rischio di credito di un emittente migliorandone la classe di rating (cosiddetto "upgrading") il minor rischio riconosciuto all'obbligazione verrebbe bilanciato da un minor rendimento collegato all'incremento di prezzo dell'obbligazione.
Le agenzie di rating, oltre a comunicare periodicamente i rating degli emittenti da queste valutate, possono fornire indicazioni circa le tendenze in atto del rischio di credito facendo previsioni ("outlook") circa le possibili future evoluzioni del rating. In presenza di un outlook negativo la società di rating fornisce indicazioni circa la probabilità che in futuro il rischio di credito di un emittente possa deteriorarsi al punto tale da portare a un declassamento del rating. Al contrario un outlook positivo lascia presagire prospettive di miglioramento del rischio di credito, aumentando le probabilità di un upgrading. Un outlook stabile indica una previsione di stabilità del giudizio di rating espresso. Una società di rating può quindi lasciare un rating invariato e fornire un outlook stabile, o può, pur confermando un rating precedentemente assegnato, avere un outlook negativo. In tal caso, pur in assenza di un downgrading, è possibile che gli operatori del mercato interpretino l'outlook negativo come un presagio di futuri downgrading, portandoli alla decisione di vendere il titolo subito, facendogli perdere di valore.
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