In seguito alla crisi finanziaria scoppiata nel 2008, gli Stati membri dell’UE hanno messo a punto un insieme di misure con cui gestire in modo organico le problematiche del settore bancario:
rendendo le banche più sicure (cosiddetta fase 1: prevenzione delle crisi);
garantendo che, in caso di problemi, le autorità di vigilanza possano intervenire precocemente per gestirli (cosiddetta fase 2: intervento precoce);
assicurando che, se il peggio dovesse comunque accadere, vi siano gli strumenti per gestire una crisi in maniera efficace (cosiddetta fase 3: gestione delle crisi).
Le misure messe a punto dall’UE a supporto di queste tre fasi si fondano essenzialmente su due pilastri: da un lato, la direttiva 2014/59/UE (Bank Recovery and Resolution Directive - BRRD), come revisionata dalla direttiva 2019/879/UE (BRRD II), che stabilisce norme comuni a livello europeo sul risanamento e la risoluzione delle banche; dall’altro lato, il Meccanismo unico di risoluzione (Single Supervisory Mechanism - SRM), che ha l’obiettivo di preservare la stabilità finanziaria dell’area dell’euro mediante una gestione accentrata delle procedure di crisi delle banche in dissesto.
In particolare, la direttiva BRRD, recepita in Italia nel 2015, introduce nei Paesi europei regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche, conferendo alle autorità di risoluzione poteri e strumenti unificati per:
pianificare la gestione delle crisi;
intervenire per tempo, prima della completa manifestazione del dissesto;
gestire al meglio la fase di 'risoluzione', riducendo al minimo l’impatto negativo dei fallimenti bancari sui contribuenti e sull’economia reale (prima di tutto, istituendo norme cosiddette di bail-in e, in secondo luogo, prevedendo che la copertura dei residui costi della crisi avvenga attraverso fondi di risoluzione alimentati da contributi versati dalle banche).
Più in dettaglio, in un’ottica di prevenzione, già durante la fase di normale operatività delle banche, le autorità di risoluzione (la Banca d’Italia nel territorio della Repubblica) – in applicazione della BRRD – devono approntare, per ciascun operatore vigilato, piani di risoluzione in cui si individuano le azioni che le banche dovrebbero intraprendere in caso di crisi. Possono inoltre intervenire, sempre nella fase di normale operatività delle banche, per creare le condizioni che facilitino l’applicazione di alcuni strumenti di risoluzione, così come descritti a seguire.
Parallelamente, le autorità di risoluzione hanno il potere di intervenire prima che la situazione di una banca si deteriori irreparabilmente (interventi precoci):
esigendo l’attuazione di riforme urgenti;
richiedendo di elaborare un piano per la ristrutturazione del debito con i propri creditori;
modificando la gestione della banca e nominando amministratori straordinari o amministratori temporanei.
Lo scopo è assicurare la continuità dei servizi essenziali dell’intermediario e il suo rapido risanamento.
Infine, nell’ipotesi di risoluzione della crisi, ossia se la banca verte in una situazione talmente critica da far sì che il suo risanamento entro un adeguato periodo di tempo risulti irrealistico, le autorità di risoluzione hanno il potere di:
vendere una parte dell’attività a un acquirente privato;
trasferire temporaneamente le attività e le passività a un’entità ponte (bridge bank) costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato;
separare le attività sane da quelle deteriorate trasferendo le attività compromesse a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli;
attuare misure di bail-in, (letteralmente “salvataggio interno”); strumento che consente alle autorità di risoluzione di disporre – al ricorrere di specifiche condizioni – la riduzione del valore delle azioni e di alcune passività della banca (es. obbligazioni subordinate), nonché la conversione di debiti in azioni. L’obiettivo è quello di reperire presso gli azionisti e i creditori dell’intermediario le risorse per l’assorbimento delle perdite e la ricapitalizzazione. Gli azionisti e i creditori non potranno in nessun caso subire perdite maggiori di quelle che sopporterebbero in caso di liquidazione della banca secondo le procedure ordinarie.
L’intervento pubblico è previsto soltanto in circostanze straordinarie per evitare che la crisi di un intermediario abbia gravi ripercussioni sul funzionamento del sistema finanziario nel suo complesso.
Ma torniamo al bail-in, la cui completa applicazione in Italia risale al 1° gennaio del 2016 (D. lgs. n. 180/2015).
Il bail-in si applica seguendo una gerarchia secondo la quale chi investe in strumenti finanziari più rischiosi è chiamato a sostenere prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni. Solo dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa alla categoria successiva. L’ordine di priorità per il bail-in è, pertanto, il seguente (figura 2):
i) azionisti; ii) detentori di altri titoli di capitale, iii) altri creditori subordinati; iv) i creditori chirografari; v) persone fisiche e piccole e medie imprese (PMI) titolari di depositi per l’importo eccedente i 100.000 euro; vi) fondo di garanzia dei depositi, che contribuisce al bail-in al posto dei depositanti protetti.
L’istituto del bail-in rappresenta una delle novità di maggior rilievo introdotte nell’ordinamento italiano con le disposizioni europee. Questo strumento prevede, infatti, la possibilità di ridurre i diritti dei creditori della banca in dissesto anche al di fuori di una procedura di insolvenza come di norma previsto dal nostro ordinamento fallimentare. L’obiettivo dichiarato del bail-in è quello di far gravare il costo della crisi di una banca su azionisti e creditori e solo in ultima istanza sulle finanze pubbliche.
L’istituto del 'bail-in' è stato oggetto di alcune critiche. Al fine di migliorare l’efficacia di tale strumento l’Autorità bancaria europea (EBA) ha recentemente avviato una consultazione ai sensi della BRRD II.
Torniamo ora al Meccanismo unico di risoluzione (SRM).
Come anticipato, questo è responsabile della gestione delle crisi bancarie (cosiddetta fase tre) accentrata nell’area dell’euro.
Tale meccanismo rappresenta una delle due componenti essenziali dell’Unione bancaria (Banking Union), creata dagli Stati dell’eurozona. La seconda componente è costituita dal Meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism - SSM).
MECCANISMO DI VIGILANZA UNICO
In dettaglio, il Meccanismo di vigilanza unico configura l’esercizio congiunto, dal novembre 2014, di compiti e poteri di vigilanza sulle banche da parte della Banca centrale europea (BCE) e delle autorità di vigilanza dei Paesi dell’area dell’euro. La BCE vigila direttamente le banche cosiddette "significative". Le altre banche sono soggette alla vigilanza delle autorità nazionali.
MECCANISMO DI RISOLUZIONE UNICO
Dal 2016 è, invece, pienamente operativo il Meccanismo di risoluzione unico. La risoluzione delle crisi di tutte le banche dei Paesi aderenti al Meccanismo di vigilanza unico è gestita secondo regole armonizzate da parte di un’autorità di risoluzione accentrata (il Comitato di risoluzione unico, anche noto come Single Resolution Board - SRB) o dalle autorità di risoluzione nazionali, nell’ambito di istruzioni e orientamenti comuni stabiliti dal Comitato.
Sia il Comitato sia le autorità nazionali si avvalgono degli strumenti di gestione delle crisi introdotti dalla direttiva 2014/59/UE (Banking Recovery and Resolution Directive - BRRD).
In dettaglio, il Comitato di risoluzione unico:
decide in merito ai programmi di risoluzione per le banche in dissesto; spetterà poi alle autorità di risoluzione nazionali dare attuazione ai programmi;
è direttamente responsabile delle fasi di pianificazione e risoluzione delle banche transfrontaliere e delle grandi banche dell'Unione bancaria, soggette alla vigilanza diretta della Banca centrale europea;
ha la responsabilità ultima di tutte le banche dell'Unione bancaria e può quindi decidere in qualsiasi momento di esercitare i suoi poteri nei confronti di qualunque banca.
Il Meccanismo di risoluzione unico si compone, oltre che del Comitato, del Fondo di risoluzione unico (Single Resolution Fund - SRF), istituito a livello sovranazionale e alimentato negli anni da contributi versati dalle banche dei Paesi partecipanti e progressivamente mutualizzati. La funzione primaria del Fondo di risoluzione è quella di finanziare l’applicazione delle misure di risoluzione, ad esempio, attraverso la concessione di prestiti o il rilascio di garanzie.
Nella terza fase di gestione della crisi, gli elementi fondamentali del Meccanismo unico di risoluzione sono: la tutela dei contribuenti, la tutela dei depositanti e i meccanismi di protezione.
TUTELA DEI CONTRIBUENTI
Se la situazione finanziaria di una banca si deteriora irreparabilmente, da un lato, la direttiva BRRD garantisce, mediante il Meccanismo del bail-in, che gli azionisti e i creditori delle banche sostengano la loro parte dei costi, dall’altro, il Meccanismo unico di risoluzione, con il suo Comitato unico di risoluzione, garantisce un'applicazione centralizzata ed efficace di tali regole all'interno dell'Unione bancaria.
TUTELA DEI DEPOSITANTI
La direttiva 2014/49/UE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi prevede che in tutti gli Stati membri, i depositi bancari continueranno a essere garantiti fino a 100.000 euro per depositante per banca anche in caso di fallimento di quest'ultima. Tale garanzia dà ai risparmiatori un senso di stabilità finanziaria ed evita corse agli sportelli impedendo gravi conseguenze economiche.
MECCANISMI DI PROTEZIONE (BACKSTOPS)
Una volta posto in atto pienamente il quadro fin qui delineato, nella grande maggioranza dei casi non sarà necessario alcun sostegno finanziario pubblico. Ma in circostanze eccezionali potrebbero essere necessarie risorse supplementari, e per tali casi occorre adottare disposizioni chiare e appropriate in materia di meccanismi di protezione. Resta, tuttavia, ancora da definire a livello europeo una rete di sicurezza (backstop) che possa integrare le disponibilità del Fondo.