Istituito nel 1987, il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi - FITD (d’ora in poi “Fondo”) è stato ufficialmente riconosciuto dal 1996 dalla Banca d’Italia quale consorzio di diritto privato tra banche finalizzato alla garanzia dei depositanti delle banche consorziate.
Il fine istituzionale del consorzio è quello, infatti, di garantire i depositanti delle banche aderenti sottoposte a procedure di liquidazione coatta amministrativa e di risoluzione nonché quello di prevedere interventi miranti al superamento dello stato di dissesto o di rischio di dissesto delle banche aderenti al Fondo.
Lo schema di adesione al consorzio da parte delle banche era originariamente uno schema su base volontaria poi divenuto nel tempo uno schema di adesione su base obbligatoria. In particolare, il principio di adesione diviene obbligatorio nel 1996, a seguito del recepimento della direttiva 94/19/CEE con D.lgs. n. 659/1996 sui sistemi di garanzia dei depositi; tale principio è stato poi ulteriormente confermato nella nuova direttiva 2014/49/UE (Deposit Guarantee Scheme Directive - DGSD), recepita con D.lgs. n. 30/2016, che, ispirandosi a principi di massima armonizzazione, ha innovato e ampliato la disciplina contenuta nella precedente direttiva.
Al momento, tutte le banche italiane risultano aderenti al Fondo con eccezione delle banche di credito cooperativo, le quali aderiscono, invece, ad un fondo di garanzia specialistico. Risultano altresì aderenti al Fondo anche le succursali di banche extra-UE autorizzate allo svolgimento di attività in Italia (salvo che non partecipino a un sistema di garanzia estero equivalente). Ciò premesso, dalla relazione annuale sul 2020 del Fondo, le banche consorziate risultano essere 147, con un controvalore di depositi protetti di 662,1 miliardi di euro. Inoltre, l’art. 96.1, commi 1 e 2 del TUB, fissa il livello target della dotazione finanziaria dei sistemi di garanzia dei depositi in misura pari allo 0,8% dei depositi protetti, imponendo che tale target sia raggiunto entro il 3 luglio 2024 attraverso versamenti periodici da parte delle banche consorziate.
Possono aderire al Fondo le succursali di banche comunitarie operanti in Italia, al fine di integrare la tutela offerta dal sistema di garanzia del Paese di appartenenza.
In caso di inadempimento da parte di una o più banche a quelli che sono gli oneri previsti dallo Statuto del Fondo, il Fondo (coadiuvandosi con Banca d’Italia) attiva una procedura di invito al rispetto delle prescrizioni. Ove l’inadempimento prosegua e venga ritenuto di eccezionale gravità, è prevista la revoca dell’autorizzazione all’attività bancaria per la banca inadempiente.
Il Fondo interviene, come detto, in caso di dissesto di una sua consorziata. L’intervento principale è quello previsto al punto a) dell’art. 32 dello Statuto, e cioè: il rimborso dei depositanti, nei casi di liquidazione coatta amministrativa delle banche consorziate autorizzate in Italia e, per le succursali di banche comunitarie aderenti al Fondo in via integrativa, nei casi in cui sia intervenuto il sistema di garanzia dello Stato di appartenenza. In particolare, ai sensi dell’art. 96-bis.1 del TUB, sono ammissibili al rimborso i crediti dei clienti relativi a: «fondi acquisiti dalle consorziate con obbligo di restituzione, in euro e in valuta, sotto forma di depositi, sotto altra forma, nonché agli assegni circolari e agli altri titoli di credito a essi assimilabili. Costituiscono depositi i certificati di deposito, purché non rappresentati da valori mobiliari emessi in serie» (art. 33 dello Statuto del Fondo).
L’ammontare massimo oggetto di rimborso per ciascun depositante è pari a 100.000 euro e si applica al cumulo dei depositi ammissibili del medesimo depositante presso la banca, qualunque sia in numero dei depositi e la valuta.
Il Fondo effettua il rimborso a favore dei depositanti in euro o nella valuta dello Stato di residenza del titolare del deposito e, salvo i casi di differimento previsti dallo Statuto (cfr. art. 33, comma 10 dello Statuto), il Fondo effettua il rimborso entro sette giorni lavorativi dalla data di efficacia della liquidazione coatta amministrativa della consorziata. Le somme dovute dal Fondo ai depositanti non sono fruttifere di interessi.
Il rimborso viene effettuato senza che sia necessario presentare alcuna richiesta al Fondo, eccetto nei casi dei “saldi temporanei” di seguito specificati.
Per specifiche esigenze di natura sociale, viene infatti prevista una tutela rafforzata dei depositi; in particolare, il limite di 100.000 euro non si applica alle somme intestate a persone fisiche riguardanti importi (saldi temporanei) derivanti da:
operazioni relative al trasferimento o alla costituzione di diritti reali su unità immobiliari adibite ad abitazione;
divorzio, pensionamento, scioglimento del rapporto di lavoro, invalidità o morte;
pagamento di prestazioni assicurative, di risarcimenti o di indennizzi, in relazione a danni considerati dalla legge come reati contro la persona o per ingiusta detenzione. In ogni caso, il rafforzamento della garanzia sui saldi temporanei sarà efficace entro e non oltre nove mesi dall’accredito di tali somme oppure dal momento in cui esse diventino disponibili (art. 33, comma 16 dello Statuto del Fondo).
La finalità istituzionale del Fondo non viene però perseguita solo ed esclusivamente con il meccanismo del rimborso citato. In alternativa al rimborso dei depositanti, il Fondo può intervenire in operazioni di cessione di attività e passività, cessioni di azienda, o cessioni di rami di azienda, riguardanti una banca consorziata, a condizione che l’onere connesso all’intervento non superi il costo che il Fondo dovrebbe sostenere per il rimborso dei depositanti, e al netto delle considerazioni circa gli effetti che la liquidazione coatta della banca può avere sulle altre banche in crisi e sul sistema in generale.
Ulteriori "interventi alternativi" a favore delle banche consorziate riguardano: l’erogazione di finanziamenti, il rilascio di garanzie, l’assunzione di partecipazioni, e le altre forme previste dall’art. 35 dello Statuto, a condizione che la Banca d’Italia abbia accertato che non sia stata avviata un’azione di risoluzione (e comunque non ne sussistano le condizioni) e che la banca beneficiaria dell’intervento sia in grado di versare i contributi straordinari previsti a carico delle consorziate in caso di insufficiente dotazione finanziaria del Fondo. Qualora l’intervento del Fondo assuma la forma di una partecipazione al capitale di una consorziata, la detenzione di tale partecipazione sarà in ogni caso limitata al tempo occorrente per procedere al suo smobilizzo nel rispetto di un criterio di economicità.
Coerentemente con le regole predisposte dal Fondo (cfr. Titolo I dello Statuto), l’adesione volontaria rende sempre possibile il recesso delle banche aderenti, a patto che la consorziata dia un preavviso di sei mesi al Fondo e, contestualmente, comunicazione di recesso alla Banca d’Italia (art. 6, comma 1). Il Fondo provvede a una disclosure dell’adesione allo schema volontario prevedendo sul proprio sito web istituzionale la pubblicazione dell’elenco delle banche aderenti (art. 60, comma 1).
Per quanto concerne le banche di credito cooperativo (BCC), queste aderiscono, insieme alle Casse Rurali Italiane (CR), ad un fondo proprio chiamato Fondo di Garanzia dei Depositanti del Credito Cooperativo (FGD).